Centro agricolo del Mandrolisai, Atzara è situato sul versante occidentale del Gennargentu, dominato dall’altura di sa Costa, adagiato in una conca nell’alta valle del fiume Araxisi. Confina con i comuni di Belvì, Meana Sardo, Samugheo, Sorgono.
Atzara, è un borgo di origine medioevale che risale ai primi anni del 1000 d.C., si pensa fondato dagli abitanti di altri tre piccoli borghi esistenti all’epoca nei territori limitrofi all’attuale insediamento: Leonissa, Baddareddu e Pauli Cungiau. Secondo la tradizione, il primo insediamento di Atzara nacque a “Bingia ‘e Josso” presso una fonte di acqua rinomata per la sua purezza e leggerezza. I rioni più antichi di Atzara sono: “Su Fruscu”, ”Sa Cora Manna”,”Su Cuccuru de Santu Giorgi”,”Montiga e Susu”,”Lodine”,”Zuri”,”Montiga e josso”.
La conferma dell’esistenza di questi tre piccoli insediamenti umani è data dalla tradizione orale che ci ha trasmesso questi versi: “Cuaddariu nieddu, si andas a Baddareddu, narasidd’a Cillotta, ca sa figia d’est morta, sa ch’hi at coiau, a Paule Cungiau” [O uomo -che te ne vai- vestito di nero sopra un cavallo, se passerai a Baddareddu, di a Cillotta che le è morta la figlia, quella che lei aveva maritato in Pauli cungiau]. Si ritiene fondato il pensiero che attribuisce al territorio circostante la zona di Bingia ‘e Josso e Bingia ‘e idda, il primo insediamento umano di quello che oggi è conosciuto come il paese di Atzara. Atzara viene citata in alcuni documenti ufficiali del periodo che va dal 1000 al 1470. Le prime notizie di un certo rilievo risalgono al 1205, si tratta di un documento che assegna alcuni servi della gleba ai propri padroni. Questo documento è molto importante perché ci fa capire la situazione in cui si trovavano le classi sociali più povere. Altro documento importante e quello del Codice Diplomatico delle Relazioni tra la Santa Sede e la Sardegna: Atzara risulta citata nell’atto riguardante l’atto di pace tra la Giudichessa Eleonora d’Arborea e il Re Giovanni d’Aragona del 1388.
L’economia locale è a carattere agropastorale. Pregevole la produzione artigianale che annovera tra i prodotti più pregiati cassapanche in legno scolpito e lavori al telaio, come i tappeti, gli arazzi e le coperte a pibiones. Ciò che tuttavia contraddistingue, sia dal punto di vista economico che dell’identità culturale, il territorio di Atzara è la coltura vitivinicola, un’attività che i suoi abitanti portano avanti da secoli: i vitigni più antichi della tradizione isolana sono sopravvissuti alle alterne e tormentate vicende del mercato vinicolo nazionale ed europeo. Nel paese si produce, infatti, oltre la metà del vino destinato alla Cantina Sociale di Sorgono e negli ultimi anni sono nate nuove cantine. Terra di vini sani e robusti il Mandrolisai rappresenta uno dei poli enologi più importanti di tutta l’isola, è elevata infatti la presenza di vitigni di qualità, con produzioni di vini rossi DOC esportati in tutto il mondo.
Dal punto di vista turistico di particolare interesse sono le importanti manifestazioni che si svolgono in autunno (Autunno in Barbagia, terza settimana di novembre) e la seconda domenica di maggio (Sagra del vino), che registrano la presenza di numerosi visitatori provenienti da tutta l’Isola.
Al centro, il paese custodisce intatta la pregiata struttura urbana caratterizzata dall’ architettura di gusto catalano. Tra le strette viuzze e i suggestivi vicoli che confluiscono sulla piazza della chiesa di Sant’Antioco martire, si osservano numerose le antiche case, basse, di granito, con gli originari solai in assi di quercia. Alcune costruzioni conservano intatte, ad abbellire porte e finestre, cornici in trachite, eleganti lavori di scalpello arricchiti da elementi architettonici e decorativi di interesse artistico e storico.
Degni di visita sono il complesso di edifici detto “de Su Conte”, dimora del feudatario dove si può osservare un pozzo a cupola di gusto spagnolo e più avanti nel caratteristico e ben conservato rione “Su Fruscu”, la vecchia casa parrocchiale con finestre e balconi in trachite di epoca aragonese.
Degni di visita sono il complesso di edifici detto “de Su Conte”, dimora del feudatario, purtroppo molto manomesso; sempre lungo l’adiacente Via SU CONTE si può osservare a sinistra un pozzo a cupola di gusto spagnolo, appartenuto al complesso, e più avanti nel caratteristico e ben conservato rione “Su Fruscu”, la vecchia casa parrocchiale con finestre in trachite di epoca aragonese.La casa de su Conte ( Palazzo dei Conti di San Martino), un pozzo a cupola di fattura spagnola, presente nel cortile adiacente la casa, e l’antica casa parrocchiale, le finestre e i balconi decorati sono solo alcune delle numerose testimonianze storiche che raccontano al visitatore l’importante passato di questo pittoresco centro del Mandrolisai.
L’arte sarda fino a quel momento era stata in condizioni di emarginazione rispetto a tutti quei fermenti creativi e innovatori che segnavano l’Italia continentale ed il resto d’Europa ma con gli spagnoli arrivano in Sardegna segnali più o meno riflessi e messaggi sugli assetti verso cui si indirizza la ricerca delle correnti pittoriche europee degli ultimi decenni del’800 .
Tutte queste presenze hanno costituito un motivo d’attrazione tanto forte da richiamare osservatori d’eccezione seppure giovanissimi come Giuseppe Biasi e Filippo Figari i quali iniziarono in tal modo una sorta di pellegrinaggio devoto e sempre più intenso verso il paese del Mandrolisai dove si andavano gettando le basi per una sorta di accademia spontanea che si andrà sviluppando in forma quasi continuativa per lunghi anni. Percorreranno la pista atzarese Antonio Ballero, Giuseppe Biasi, Filippo Figari, Mario Delitala, Carmelo Floris e Stanis Dessy.
Filippo Figari confessava la suggestione e la grande influenza esercitata dai giovani pittori spagnoli sugli artisti sardi di quel momento
Gran parte dell’antica storia di Atzara la si può leggere sui conci in granito e trachite su cui si basa l’architettura delle strutture megalitiche, delle chiese e delle abitazioni del suo centro storico:
La parrocchiale di Sant’Antioco di Atzara, rientra a pieno titolo nella tipologia architettonica gotico-catalana, in particolare nella sua variante del meridione sardo.
La chiesa è stata è realizzata tra il XVI° e il, XVII° con materiale sedimentario di origine lavica (trachite).
Il prospetto è molto esteso in larghezza e presenta un paramento murario dal taglio accurato. Il terminale piano è risolto da un cornicione sul quale poggiano i merli sempre in trachite, trilobati.
Il portale è sormontato da un rosone, tipico dello stile architettonico introdotto dai catalani aragonesi, dotato di raggiera a colonnine raccordate da archetti. Conquistata l’isola i catalani vi diffusero i loro gusti e le loro tecniche costruttive, sono infatti immediatamente riconoscibili nelle loro chiese i campanili quadrati nel sud dell’isola e poligonali nel nord Sardegna, l’ampia facciata decorata dal rosone e i costoloni che segnano le volte che fanno pensare ad un ombrello aperto.
La torre campanaria è quadrata e conclusa da un recinto a balaustra in pietra simile al recinto presbiteriale del vicino santuario di San Mauro; presenta monofore a sesto acuto e a tutto sesto.
Un cupola recante una grande sfera in rame con una croce sulla sommità che il campanile portava una volta è stata rimossa per paura di crolli.
Scomparsa anche una piccola scultura in pietra a forma di omino, posta nella parere anteriore destra della facciata chiamata “Su Moro sacru” e che fungeva da canale di scolo per le acque piovane.
Due finestre semicircolari sui lati illuminano le navate laterali.
L’edificio è composto da 3 navate, quella principale voltata a sesto acuto, quelle laterali sono voltate a tutto sesto. Sono presenti due cappelle laterali e altre due a fianco del presbiterio, voltate a botte.
L’altare maggiore in legno, in stile spagnolo ora è collocato nella cappella del sacro cuore.
Tra gli arredi sacri, meritano di essere ricordate alcune preziose argenterie di epoca cinquecentesca, un ostensorio di fattura spagnola e una croce di bottega cagliaritana.
L’organo restaurato nel 1995 fu realizzato da Giuseppe Lazzari nel 1774.
L’antica Chiesa di S. Giorgio situata nell’omonima piazza al centro del paese, risale a prima del 1205 quando la ritroviamo inserita nei documenti della fattoria giudicale, descritta come una piccola costruzione circondata dal cimitero. I documenti a disposizione evidenziano come la Chiesa di S. Giorgio fu consacrata intorno al 1386. Negli anni della fiorente attività artistica dei pittori nazionali e internazionali, essa fu il luogo ideale per la creazione di opere d’arte imponenti per dimensioni e per bellezza, come ” Il ritorno della festa di S. Mauro” di Chicharro, e la “Festa delle Patronesse” di Ortiz Echague.
La chiesa di Santa Maria ‘e susu, fu costruita intorno all’anno 1000, si festeggia l’otto di settembre e si ipotizza che sia la chiesa più antica di tutta la zona.
La chiesa di Santa Maria “de Josso” crollò nel primo ‘900; era simile a quella di Santa Maria ‘e susu e di San Giorgio, anche se di epoca successiva. E’ stata ricostruita negli anni ‘70 in stile moderno. Anticamente veniva chiamata Santa Maria de is Novizios, perché sono stati trovati nelle vicinanze i resti di un insediamento di novizi della chiesa di san Marco e della confraternita del Rosario. La festa relativa a Santa Maria e Josso si celebra il 22 Agosto.