Antonio Pirari (Nuoro, 1893 -1959)
Figlio di Giovanni Antonio Pirari Varriani, pittore dilettante e amico di tutti i più importanti artisti e intellettuali della Nuoro del periodo, l’atmosfera respirata nella casa di famiglia influisce positivamente sulla giovinezza dell’artista. Anche il fratello Piero infatti diventerà famoso ma come fotografo. La fascinazione per quel gruppo che si ritrova abitualmente tra le mura della casa è fromativa per i due fratelli: ma mentre Piero sceglierà di cimentarsi nell’arte della fotografia, lui preferirà invece la via più tradizionale del dipinto e dell’illustrazione. Subirà l’influenza soprattutto di Antonio Ballero e Giacinto Satta.
All’inizio degli anni Dieci frequentò l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove incontrò, studenti anch’essi, Carmelo Floris e Melkiorre Melis. Immersi nel clima della Secessione Romana, tutti e tre condivideranno una fonte d’ispirazione primaria: la Sardegna con una pittura attenta al contesto sociale e culturale della Sardegna dell’interno, quella a lui più cara e conosciuta.
Specialmente al settore della grafica apparterranno le sue realizzazioni più note: l’illustrazione della novella di Grazia Deledda I tre vecchi; la copertina, per il volume di poesie di Vincenzo Soro Nell’alba; la partecipazione, nel 1914, alla rivista “Sardegna”.
Il suo valore sarà apprezzato anche a livello nazionale, grazie alla riproduzione in copertina di un suo dipinto ne “Il giornalino della Domenica” del 16 ottobre 1921– Contadino di Nuoro sull’aia (1921), in perfetta sintonia con l’opera esposta al museo Ortiz dal titolo – Notturno sull’aia -. A metà degli anni Venti partecipò, insieme con il padre, al bando pubblico del Comune di Nuoro per la decorazione della Sala Consiliare (poi vinto da Mario Delitala. Nell’ambito dell’illustrazione, Pirari è molto conosciuto per il manifesto della Festa del Redentore dell’agosto 1919 (ne vennero tratte sia una locandina che una cartolina), alla fusione di realismo e stilizzazione accompagnava l’interessante contrappunto tra gli elementi folkloristici e i moderni aeroplani sfreccianti in volo.
Nonostante l’intensa attività espositiva a livello nazionale, il nome di Antonio Pirari godrà di una notorietà maggiore a livello regionale e poi locale. Nel 1920 presenzierà alla XII Biennale di Venezia (la prima del dopoguerra) con l’opera Il covone – una delle sue più riuscite, poi riproposta anche alla Mostra Primavera Sarda di Cagliari nel 1929. Il lavoro di Pirari doveva risultare in tono minore rispetto a quello degli altri corregionali presenti – quali, tra gli altri, gli invitati Giuseppe Biasi e Francesco Ciusa – ma confermava quella sua attenzione spiccata per i temi sociali che lo avrebbe distinto tra gli artisti della sua generazione. Dopo la presenza, nel 1921, alla I Biennale romana, il pittore sarà nella sala sarda della Mostra degli Amatori e Cultori del 1923 e poi avrà una presenza assidua alle Mostre Sindacali regionali di Nuoro, Cagliari, Sassari e Tempio Pausania.
I lavori di Antonio Pirari oggi appartengono, per la quasi totalità, a collezioni private.Tra le poche opere presenti in istituzioni pubbliche, il Museo Ortiz ha la fortuna di possederne una nella sua collezione permanente, questa riflette quell’idea di Sardegna alla quale dare finalmente una voce e un’immagine, e che Pirari, interessato ai temi sociali, tenderà a risolvere – soprattutto in ambito pittorico – in chiave più realistica. La sua produzione sarà ricca e variegata anche dal punto di vista tecnico: pittura a olio, a tempera, acquerello e xilografia