Figlia d’arte, Liliana Cano ( Gorizia, 1924) genitori sardi, studia a Torino presso l’Accademia Albertina. Non conosce ancora direttamente la Sardegna, ma la porta dentro di sé, disegnata dai racconti familiari della madre, maestra e pittrice. Quando arriva a Sassari, a vent’anni, è già forte di una preparazione artistica che le permette di insegnare disegno e di intraprendere un percorso personale di ricerca. Stimolata dall’incontro con Costantino Spada e Libero Meledina, partecipa di quel fermento culturale e artistico che si respira a Sassari nel periodo postbellico, che riappacifica con se stessi, che dà speranza e infonde fiducia nel futuro.
Le mostre collettive e le personali di pittura la portano un po’ ovunque, in Italia e all’estero. Il viaggio è un tema a lei caro: sin da piccola girovaga da una città all’altra, seguendo gli incarichi di lavoro del padre, poi continua per esigenze personali e artistiche. Anche quando, alla fine degli anni Settanta, si trasferisce in Francia per una ventina d’anni, si sposta continuamente, a Parigi, in varie località della Provenza e in altre nazioni. Viaggiare significa conoscere, cercare, incontrare, meravigliarsi. L’occhio di Liliana è attento, è un occhio indagatore che ricorda visi e luoghi. I luoghi fisici diventano luoghi della mente, i volti che la colpiscono e le esperienze vissute si cristallizzano nella memoria. E, nonostante lo scorrere del tempo, sembrano talvolta riemergere nei suoi quadri, riportando in vita la freschezza del reale.
Questa condizione “nomadica” ritorna indirettamente nel tema delle gitane: l’artista le raffigura alte, snelle, eleganti e composte sia quando svolgono lavori quotidiani sia nei momenti di riposo e nelle passeggiate cittadine. Ciò che da sempre affascina Liliana è la bellezza regale di queste donne incontrate in Provenza, il cui ricordo dura anche nelle opere più recenti, con i colori sgargianti delle ampie gonne gonfiate dal vento e con le camicette di sapore retrò che ricordano le trame dei tessuti di Matisse. Una nota etnografica che forse ha colpito l’artista con la stessa intensità avvertita dai primi costumbristi di fronte all’eleganza e all’esuberanza formale dei costumi atzaresi.
Se è vero che viaggiare significa anche confrontarsi con gli altri, Liliana lo ha fatto spontaneamente ma anche in modo risoluto, soprattutto agli inizi della sua carriera artistica, quando non era facile per una donna affrontare un mondo costruito su misura per l’uomo, costruito dall’uomo. Eppure, grazie al suo coraggio e alle sue capacità e non alla fortuna, il riconoscimento artistico è arrivato sin dal 1944, con il 1° premio al “Concorso artisti veneti” di Padova; poi, citandone solo alcuni in maniera esemplificativa, il 1° premio alla “Biennale d’arte” di Iglesias (1963) e il Premio “Phoemina” a Genova (1976). Nel 1977, a Parigi, merita il 1° premio al Salon de l’Etoile d’or de Lila e la medaglia d’oro al “Premio Sausset Les Pins”. Nel 1978, a Cagliari, le viene attribuito il “Premio Speciale del Presidente della Repubblica Italiana” e, nel 2006, il “Candeliere D’Oro”, premio speciale della Città di Sassari. L’ultimo, da un punto di vista cronologico, è il riconoscimento di Vittorio Sgarbi, che, sottolineando come la sua esperienza artistica in Sardegna sia parallela ed equivalente a quella di Guttuso in Italia, con le dovute differenze di carattere ideologico, la definisce una realista europea, come pochi sono stati subito dopo il secondo conflitto mondiale.
Viaggiare significa vivere. E per Liliana vivere è viaggiare. Quando le viene chiesto se si senta più sarda o francese, risponde di sentirsi una viaggiatrice e così ama definirsi.
Com’è stato difficile per l’artista rimanere stabilmente entro i confini di una stessa città o regione, così risulta incontenibile la sua arte, sempre assetata di sperimentazione, in virtù, forse, di una grande sensibilità agli stimoli esterni o per la necessità di varcare le proprie colonne d’Ercole: i limiti della conoscenza. Ne sono un esempio le opere scelte per la mostra organizzata al Museo Ortiz Novantadue, che, pur rappresentando una minima parte rispetto alla produzione artistica totale, risultano però emblematiche del suo percorso di ricerca. Nei suoi lavori, Liliana ha trovato nel tempo nuove soluzioni compositive e formali, senza perdere mai l’identità stilistica, e il segno grafico, ampio e gestuale, raramente è arrivato sino al limite della dissoluzione, perché il suo segno è scrittura, è narrazione del reale, della storia, del sentimento mistico. Altre volte disegno e colore seguono un percorso costruttivo individuale, si toccano ma non si fondono se non nella ricostruzione mentale di chi li osserva.
Al centro della composizione vi è sempre la figura umana, solitaria e meditativa o agitata dalle pulsioni interiori: viene delineata con poche linee o con un tratto continuo, che profilano con immediatezza i caratteri distintivi del ritratto, mentre la definizione prospettica della scena è sempre risolta, anche nelle ultime opere realizzate a Su Cologone, en plein air, in cui Liliana, con pochi segni, talvolta solo quasi intuiti, riesce a ricreare un senso di spazialità di ampio respiro.
Abbracciando con uno sguardo tutte le opere di Novantadue ci si accorge che è proprio il colore a guidarci nella prima lettura dell’antologica di pittura. La musicalità del contrasto tra colori caldi e colori freddi ricorda gli accordi cromatici del quadro Donne di Mamoiada di Antonio Ortiz Echagüe: una consonanza che forse non è del tutto casuale ma è figlia di un tempo storico che solo Liliana Cano, ultima rappresentante della scuola di Sassari della metà del Novecento, può esprimere. Nel 2016 la collezione permanente del Museo ha acquisito l’opera Ardia del 1982, inserita nella mostra In hoc Signo Vinces inaugurata da Vittorio Sgarbi a Cagliari che aveva come obiettivo celebrare con 16 opere la festa dell’Ardia di Sedilo e il culto di San Costantino ( Santu Antine ). Il dipinto, di forte impatto cromatico, rappresenta un fiume irruento di cavalieri lanciati in una corsa sfrenata attorno al Santuario di San Costantino incitati dalla folla festosa che incita il capocorsa seguito dagli altri cavalieri.
Mostre personali
1966 – Sassari, Galleria 23
1971 – Sora, Roma, Firenze, Siena, Verona, Venezia, Treviso, “Itinerante”
1977 – Sassari, Teatro Civico, personale
1978 – Cagliari, Conservatorio, ricevuto premio dal Presidente della Repubblica
1980 – Marseille, Institut Culturel Italien (Neruda e Einstein);
1984 – Toulon, Franklin Roosvelt
1994 – Fontvieille, Galerie Saint Michel, a cura del Conseil Regionale Provence-Alpes-Cote d’Azur
1999 – Villanovaforru, Museo Civico Archeologico
2001 – Cagliari, “2 Incontri d’Arte”
2005 – Oliena, Chiesa di N.S. D’Itria, “Passione e Resurrezione Secondo Matteo”
2016 – Atzara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Novantadue
Mostre collettive
1952 – Bologna, “Mostra d’arte sarda contemporanea”
1952 – Cagliari, “IV Mostra regionale Associazione Artisti”
1958 – Roma, “Artisti sardi”
1959 – Sassari, “Premio Sassari
1959 – Cagliari, “Regionale Sarda”
1961 – Cagliari, IV Mostra regionale Arti Figurative
1962 – Sassari, Personale alla Illario
1963 – Iglesias, “Biennale d’arte”
1982 – Parigi, Grand Palais Le Salon
1985 – Avignon, Palais des Papes, “Recontre d’ Arts Plastiques”