Antonio Amore. Antologica di Antonio Amore

Il 28 luglio, alle ore 18.30, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Antonio Ortiz Echagüe di Atzara, si è svolta l’inaugurazione dell’esposizione dedicata ad Antonio Amore dal titolo  Antonio Amore. Antologica. L’antologica, che comprende oltre 50 opere tra dipinti e sculture, dalla metà del Novecento ad oggi, sarà visitabile fino al 30 novembre 2017.

Fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale di Atzara, elaborata e proposta da Progetto Cultura S.C., l’esposizione sarà impreziosita dal catalogo della mostra, con i testi critici di Flaminia Fanari. L’antologica di pittura e scultura vuole rendere merito al valore internazionale dell’artista e alle sue opere.

Antonio Amore approda nell’Isola nel 1964, un anno prima di iniziare la sua carriera d’insegnante di materie artistiche presso gli Istituti d’arte di Nuoro e Oristano.

In questi anni nasce per sua iniziativa il “Gruppo di Santulussurgiu”, il quale segue una precisa scelta ideologica che rifiuta la commercializzazione e il mercato dell’arte.

La sua personale ricerca artistica nasce durante il suo periodo in Kenya, dove è fatto prigioniero, durante la seconda guerra mondiale. Partecipa e vince il premio “Italian Art Exhibition”, a Nairobi nel 1945.  In seguito ritorna in Italia e si trasferisce a Roma, dove espone in diverse gallerie e stringe amicizia con Giacomo Balla.  Nel 1964 si trasferisce in Sardegna,

Antonio Amore impiegò poco a recidere i suoi legami con la Capitale: il connubio con i sardi fu immediato e lo sfarzo, la modernità, i clamori ed il chiacchiericcio romano furono presto abbandonati, per tuffarsi nella parlata dei pastori del luogo, fatta di suoni secchi e gutturali, dove uno sguardo è più carico di significati di un lungo discorso, dove un abbraccio e una stretta di mano valgono più di mille contratti. Fu così che Antonio Amore, immerso in un ambiente a Lui congeniale, divenne il più sardo dei sardi tra gli artisti del Novecento

Avendo scelto, ormai, la Sardegna quale terra d’elezione riuscì a interpretarne l’anima più profonda, senza false connotazioni folcloristiche, mantenendo la sua arte profondamente ancorata all’evoluzione contemporanea, ulteriormente ispirata da una terra che ormai lo aveva conquistato.

Innamoratosi a prima vista della Sardegna, al suo arrivo nell’Isola era già un pittore con una lusinghiera esperienza artistica. In quel fatidico 1964, lasciava Roma, città certamente ben più movimentata e densa d’arte e di “dolce vita” dell’Isola, che tra l’altro gli stava iniziando ad aprire le vie di un sicuro successo artistico, per approdare, esule volontario, in una terra cosi tanto diversa: aspra, forte e legata a riti ancestrali e consuetudini che, nelle lande silenziose tra Austis e Neoneli, più precisamente nella cantoniera di S’Isteddu, dove aveva deciso di andare ad abitare, erano ancora la quotidianità. Luogo aspro e per certi versi inospitale quello scelto, dove querce secolari, graniti, pecore e pastori lo accolsero con quell’ospitalità tutta sarda che “s’istranzu”, l’ospite forestiero, impara presto a conoscere e amare.

Oltre che dipinti realizza opere di scultura in legno, marmo, bronzo e acciaio inox. L’archeologo e accademico dei Lincei Giovanni Lilliu lo ammira e lo apprezza, gli dedica infatti due importanti conferenze a Sassari e Nuoro. Ama anche scrivere: pungente corsivista suoi quotidiani dell’isola, ottiene diversi riconoscimenti letterari. 

Vittorio Sgarbi lo definisce:<<Artista singolare, perché nasce in Sicilia ma poi matura tutta la sua esperienza artistica in Sardegna ed ha un espressionismo così originale, così intenso, caldo, mediterraneo. L’espressionismo generalmente è del nord Europa, Antonio Amore è un espressionista di isole italiane>>.